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Porseo al latte

Ingredienti (per quattro persone)

  • 1 kg. di polpa magra di maiale
  • 60 gr. di burro
  • 1 lt. di latte
  • 1/2 lt. di vino bianco
  • qualche foglia di salvia
  • 1 rametto di rosmarino
  • sale
  • pepe

Preparazione

L’abitudine di mangiare il maiale tutti i mesi dell’anno è tradizionalmente antica a Venezia, per la passione che i suoi abitanti hanno per questo tipo di carni, gustosissime e delicate, la cui giusta valorizzazione avviene proprio adesso da parte della dietetica. Il “porseo” al latte è piatto che apre direi nuovi orizzonti alla preparazione del maiale perchè ne valorizza appieno le qualità, dandogli un gusto ottimo e non comune.

Preso un pezzo di polpa di maiale, lo si fa macerare per un paio di giorni nel vino bianco in una terrina in frigo e poi lo si fa colorire in un tegame con abbondante burro.
Si dosano sale e pepe, si aggiungono le foglie di salvia e il rametto di rosmarino e infine si copre completamente con il latte. La cottura va proseguita molto, molto piano fino al termine. Pochi minuti prima dello spegnimento, si aiumenta la forza della fiamma e si fa ulteriormente ridurre il liquido. Il pezzo di carne deve essere tagliato e ricomposto su un piatto fondo, irrorato con il suo sugo.

Per chi ha poco tempo…

Per questo piatto è possibile l’uso della pentola a pressione. La procedura è simile ma è di estrema importanza che il pezzo venga rosolato molte bene prima della chiusura, affinchè il calore sigilli i pori della carne evitando così la fuoriuscita dei succhi. Una volta ben rosolato, coprire con il latte, chiudere e cucinare per circa 45 minuti dal fischio di pressione. Una volta aperta la pentola, estrarre il pezzo, lasciarlo raffreddare, tagliarlo a fette di un centimetro e posizionarlo sul piatto di portata. Nel frattempo “tirare” il sugo rimasto nella pentola a fiamma vivace, aiutando eventualmente l’addensamento, con mezzo cucchiaino di fecola di patate stemperata in poca acqua.
Attenzione: la fecola al contatto con il sugo bollente, addensa in pochi secondi, pertanto lasciare questo “trucco” proprio alla fine.

Patate alla veneziana

Ingredienti: (per quattro persone)

  • 600 gr. di patate
  • 40 gr. di burro
  • 40 gr. di olio e.v.
  • 1 cipolla
  • un rametto di prezzemolo
  • sale

Preparazione:

Nel firmamento degli ortaggi veneti la patata ha il suo posto regale specialmente d’inverno e di primavera, come contorno di numerosi piatti. Il modo più corrente di prepararla ce lo forniscono ancora una volta i veneziani del ceto popolare. Si prendono patate di grandezza media e dopo averle pelate e lavate, si tagliano in otto pezzi ciascuna e le si unisce a un soffritto già portato al biondo, di olio, burro e cipolla tritata. Si cuociono a fuoco moderato, mescolando spesso e quando sono tenere si salano e si spargono di prezzemolo ben tritato.
Si servono molto calde.

Verze sofegae

Ingredienti: (per quattro persone)

  • 1 verza non troppo grossa
  • 50 gr. di lardo
  • 50 gr. di olio e.v.
  • 1 rametto di rosmarino
  • 1 spicchio d’aglio
  • sale

Preparazione:

Contorno tipico veneziano per cibi salati o di sapore forte, le verze “sofegae” hanno il sommo pregio di essere molto gustose e morbide, quasi vellutate. Tolte alla verza le foglie esterne più grosse e più dure, la si taglia a listerelle sottili, mettendole poi a cuocere in un soffritto di olio, battuto di lardo, aglio e rosmarino. L’aglio si può anche levare dopo che è ben rosolato. Si sala e poi si continua la cottura a fuoco molto basso per un paio d’ore e più a recipiente coperto, in modo che le verze si ammorbidiscano progressivamente. Ogni tanto si mescola lentamente.
Le verze vanno servite calde a sostegno di piatti robusti.

Data la durata notevole della cottura, per chi non avesse tutto questo tempo, consiglio l’uso della pentola a pressione, facendo molta attenzione a farla andare in pressione a fuoco molto basso per evitare che la verza di bruci vista l’assenza di acqua di cottura.

Pesto di primavera

Ingredienti: (per quattro persone)

  • 400 gr. di spaghetti (o, a piacere, spaghettoni)
  • 1 zucchina media
  • 1 spicchio di aglio piccolo
  • 1 rametto di prezzemolo
  • 30 gr. di zenzero
  • 6 cucchiai di olio e.v.
  • 4 cucchiai di grana padano
  • 2 cucchiaini di succo di limone
  • sale
  • pepe

Preparazione:

Anche se personalmente prediligo i piatti della cucina invernale, nutrienti, robusti e onesti, con l’arrivo dei primi caldi primaverili, come molti, sento il bisogno di pietanze basate su alimenti prevalentemente crudi e freschi, ma non per questo non altrettanto gustosi.

Ecco quindi che sovente preparo questi spaghetti al pesto, che di pesto hanno solo il nome visto che, come vedremo, gli ingredienti vengono frullati con il mixer.
Si prende quindi la zucchina, la si taglia a tocchetti non troppo piccoli e la si mette nel bicchiere del mixer. Si aggiungono, l’aglio (rigorosamente privato del germoglio interno), le foglie di prezzemolo, lo zenzero sempre a pezzetti, l’olio, il succo di limone e infine un pizzico di sale. Si frulla il tutto fino a che l’impasto non assume l’aspetto di una crema oleosa. Tolto il mixer, si aggiunge infine il grana padano grattuggiato e il pepe mescolando bene.

Si versa il composto in una terrina e, una volta pronti gli spaghetti, aggiungeteli all’impasto mescolando bene. Impiattate, rifinite con una spolverata di grana padano e guarnite con un paio di rotelle di zucchina e una sottile fettina di limone.

Questo pesto si presta a molte varianti: mediterraneo, con acciughe, olive e capperi o delicato, con ricotta e foglie di basilico (omettendo però il limone). Li consiglio entrambi, come consiglio di fare attenzione alla dimensione dello spicchio d’aglio che, essendo crudo, mantiene intatto tutto il suo caratteristico aroma penetrante.

Sopa de verze (o sbroeton de verze)

Ingredienti: (per quattro persone)

  • 800 gr. di verza padovana
  • 2 cipolle medie
  • 4 patate medie
  • 50 gr. di olio e.v. d’oliva
  • 50 gr. di pancetta
  • sale
  • pepe (abbondante)

Preparazione:

Le verze sono il principale ingrediente di una zuppa sostanziosa e piena di sapore, adatta alla stagione invernale, perchè conserva molto il caldo. Si prende una bella verza padovana, si taglia a pezzi piccoli e si lessa, con cipolle tagliate a mezzo, con qualche patata intera di media grandezza e si mette a cuocere con abbondante olio e.v. d’oliva. Per accrescere il gusto della zuppa si aggiunge anche qualche pezzo di pancetta tagliato a cubetti e si dosa il pepe con una certa larghezza.

Sopa de coa

Ingredienti: (per quattro persone)

  • 1 kg. di coda di bue
  • 1 cipolla
  • 1 carota
  • qualche foglia di sedano
  • un rametto di timo
  • un rametto di prezzemolo
  • 1 foglia di alloro
  • 400 gr. di pane casereccio
  • sale

Preparazione:

Una delle leccornie della cucina è considerata la coda di bue, per il suo vivo ed inconfondibile sapore. A Venezia e nel Veneto si usa per lo più farla lessata, ma anche in questo caso è un’ottima minestra invernale.
La coda di bue si spella, si divide in pezzi uguali mettendoli per un paio d’ore in acqua corrente in modo che si spurghi bene. Si passa poi in una pentola di grandezza media insieme con cipolle, carote e sedano affettati, prezzemolo e qualche fogliolina di timo e alloro. Si sala e si fa bollire a lungo, piano piano, finchè non soltanto i pezzi di coda risultino ben cotti, ma si ottiene un brodo molto ristretto. La zuppa di coda va servita caldissima, senza le verdure (che si tolgono con il ragno), su piatti fondi bianchi dove si sono appoggiati crostini di pane biscottati al forno. I crostini si possono servire anche a parte.

Risi e tripe

Ingredienti: (per quattro persone)

  • 500 gr, di trippa di manzo giovane (doppione)
  • 250 gr. di riso vialone gigante
  • 50 gr. di olio extravergine d’oliva
  • 1 lt e mezzo di brodo di manzo
  • 1/2 cipolla
  • 1 carota
  • 1 gambetto di sedano
  • 1 rametto di rosmarino
  • 80 gr. di formaggio grana
  • sale
  • pepe

Preparazione:

I Vicentini, buongustai di prim’ordine, suggeriscono questa minestra gustosa e piena di sostanza che valorizza in modo veramente degno la trippa, popolare alimento delle nostre campagne.
Si prende un bel pezzo di doppione di manzo giovane, possibilmente già cotto e dopo averlo lavato molto bene lo si mette a bollire per 20 minuti in acqua semplice per togliere qualsiasi sapore estraneo. Si scola bene la trippa e dopo averla pulita ancora sotto l’acqua fresca, la si taglia a strisce larghe meno di un centimetro e lunghe 5-6 centimetri. Si fa sul tagliere un trito di carote, sedano e rosmarino e lo si soffrigge in olio e.v. d’oliva dopo che si è fatta già imbiondire la cipolla. Si aggiunge dopo qualche minuto la trippa tenendo il fuoco moderato per un quarto d’ora, si mette sale e pepe e si versano sopra tre o quattro tazze di brodo. La trippa deve bollire piano piano per un paio d’ore a recipiente ben coperto, senza che il liquido si asciughi troppo.
Cotta la trippa, si cala il riso e si versa ancora brodo mescolando sovente e mantenendo la minestra abbastanza liquida. Prima di scodellare, unire un buon pugno di formaggio grana (meglio se 18 mesi) e si serve bollente.

Bìgoli in salsa

Ingredienti: (per quattro persone)

  • 400 gr. di “bìgoli” (spaghettoni di farina integrale, meglio se fatti a Venezia)
  • 200 gr. cipolle bianche
  • 80 gr. di olio extravergine d’oliva
  • 80 gr. di sardelle salate
  • sale (solo per l’acqua dove si bollono i bìgoli)
  • pepe

Preparazione:

La nascita della pasta continua a crucciare i patriottismi gastronomici delle molte regioni italiane dove la si localizza; noi da buoni Veneti, per non essere da meno in questa gara per il primo maccherone, diciamo con qualche fondamento che a portarli nel nostro paese è stato forse Marco Polo di ritorno dai suoi favolosi viaggi in Oriente, dal misterioso Cataio, dove la pasta sembra essere stata in uso da tempo immemorabile per far compagnia ad una specie di spezzatino di pollo, piatto quasi nazionale dei cinesi. Questa pasta scura e tagliata grossa è in verità abbastanza simile ai famosi “bìgoli” veneziani, piatto molto in auge nei digiuni quaresimali, durante la non mai abbastanza rimpianta Repubblica Serenissima.
I “bìgoli” di pasta, molto spessi, scuri e purtroppo oggi molto difficili da trovare,  prendono il nome da quei bastoni a due ganci simili alle braccia della bilancia che servivano un tempo ai “bigolanti” per portare l’acqua nelle isole veneziane con le loro leggere barche; quell’acqua che non potevano fornire a sufficienza i numerosi pozzi esistenti nei campi, nelle corti o nei più grandi palazzi.

Per preparare la salsa con la quale vengono conditi, si fa imbiondire nell’olio la cipolla finemente affettata e poi la si fa cuocere completamente, aggiungendo un po’ d’acqua e alla fine le sardelle salate dopo averle pulite, diliscate e tagliate a pezzetti. Si mette un po’ di pepe e si lascia sul fuoco ancora finchè le sardelle si sfanno quasi completamente. A parte si fanno bollire i “bìgoli” in molta acqua salata e quando sono al dente si mescolano e si condiscono nella zuppiera con la salsa ancora calda.

Paste e fasioi

Ingredienti: (per quattro persone)

  • 300 gr. di fagioli secchi di Lamon
  • 150 gr. di tagliatelle o fettuccine (non all’uovo)
  • 60 gr. di cotenna di maiale, o 1 osso di prosciutto, o 1 gamba di maiale (pistelo)
  • 40 gr. di lardo
  • 40 gr. di olio extravergine d’oliva (meglio se toscano)
  • 1 cipolla
  • 1 carota
  • 1 gambo di sedano
  • sale e pepe

Preparazione:

il fagiolo comune, gloria della cucina veneta al punto che qualcuno lo ha detto degno di entrare nell’emblema araldico alimentare regionale insieme con il riso, è un legume originario dall’America centromeridionale importato in Europa e in Italia agli inizi del 16° secolo dagli spagnoli. La sua pianta che si adatta a condizioni ambientali assai diverse e sopporta molto bene il caldo, ama il terreno fresco, soffice e profondo, ma cresce con ottimi risultati anche a una certa altitudine come è dimostrato dagli ottimi fagioli di Lamon e di Santa Giustina, in provincia di Belluno, che sono fra i più adatto per il loro sapore e per la loro pastosità a preparare quelle famose minestre spesse e setose che quasi tutte le osterie e i locali pubblici veneti ostentavano (e con ragione) nel loro elenco di vivande.

Se non si hanno fagioli freschi che rendono la preparazione di questa minestra assai più spiccia per la loro ben più veloce cottura, si prendono quelli secchi della migliore qualità, possibilmente di Lamon, come si è già accennato e si lasciano a bagno per almeno mezza giornata in acqua fresca, in maniera che comincino la cottura ben teneri, quasi ritornati allo stato naturale.

Si calano in una pentola piena d’acqua con un tritato di cipolla, carota e sedano e con un battuto di lardo e, per dare più sapore, si uniscono inoltre cotiche di maiale, o un osso di prosciutto, o il “pistelo”, cioè il piede del maiale. Se si hanno soltanto le cotiche, prima di aggiungerle ai fagioli si fanno bollire per una decina di minuti in acqua non salata, in modo tale che perdano l’eccesso di unto.

Durante la cottura dei fagioli che deve durare parecchie ore, a fuoco basso-basso, occorre levare di quando in quando la schiuma e quelle lenti di grasso che si formano in superficie, perchè la minestra di fagioli veneta deve rimanere magra. Per spessire convenientemente il brodo, verso la fine è bene unirgli una parte dei fagioli passati con il setaccio (o mixer per i più moderni), poi si mette sale e pepe, si cala la pasta (in genere non all’uovo e di formato simile alle tagliatelle mediamente larghe) facendola cuocere quasi del tutto.

Prima di scodellare si leva la cotenna, la si taglia a listarelle sottili che si mettono sopra ogni piatto e si serve la “pasta e fasioi” appena tiepida, cioè quando si è coperta di una consistente pellicina sulla quale si versa un mezzo cucchiaio di olio extravergine d’oliva e si spolvera un po’ di pepe macinato al momento.

Le “paste e fasioi” hanno un gran numero di varianti in tutto il Veneto, cambia il tipo di pasta, passando dalla larghe tagliatelle del Vicentino, ai “bigoi” scuri del Veronese o alle fettuccine strette di altre zone. Sono altresì permessi gli spaghetti spezzati anche se non apprezzati dagli intenditori. Per il fondo della minestra si va da un passato di fagioli, con qualche fagiolo che naviga, a una robustra minestra con brodo molto denso. In ogni caso, trovandosi in qualsiasi parte del Veneto, vale la pena di assaggiarla perchè è veramente un primo piatto fuori dal comune.

Risotto di pesce

Ingredienti: (per 6 persone)

  • 1kg. di cozze
  • 1kg. di cappe chione
  • 500gr. di canestrelli
  • 300gr. di saraghi
  • 300gr. di scarpene
  • 300gr. di triglie
  • 400gr. di riso arborio
  • 50gr. d’olio e.v.
  • 50gr. di burro
  • Brodo di pesce
  • 1/2 bicchiere di vino bianco
  • 1/2 cipolla
  • 1 spicchio d’aglio
  • 30gr. di prezzemolo
  • 50gr. di parmigiano
  • sale q.b.

Preparazione:

Un tipo di risotto di pesce assai saporito, vede uno spiegamento in forze dei migliori pesci e molluschi che si trovano al mercato di Venezia.
Si fa un soffritto di olio e.v., burro e cipolla finemente tritata e portata al rosso insieme con uno spicchio d’aglio (che poi è meglio levare per non urtare i fini palati di oggi). Si aggiunge un po’ di vino bianco e acqua e vi si mette a bollire per una mezz’ora i piccoli saraghi, le scarpene e le triglie.
In una padella si fanno aprire a fuoco vivo un buon numero di “peoci” (le cozze), le cappe, i canestrelli e dopo pochi minuti si levano i molluschi dalle loro valve, mettendoli in un recipiente con il loro sugo, un po’ del brodo di pesce e il riso e si comincia la cottura a fuoco allegro rimescolando sempre e aggiungendo altro brodo di pesce fino a che il riso è cotto, ma al dente.
Volendo negli ultimi minuti si può buttare nel riso 30gr. di prezzemolo finemente tritato e un pugno di parmigiano morbido.

Per chi volesse servirlo “all’onda” ricordarsi di mantenerlo abbastanza liquido durante tutta la cottura per poi spegnerlo prima che si addensi troppo.